Sulla riva
del mare
un giorno
mi inginocchierò
come fece
un tempo il divino infelice,
celebrerò
di nuovo i suoi riti,
piangerò
come lui,
chiamerò
la madre come lui,
per capire
il dolore del mondo.
Chiamerò
il mare
e i suoi
custodi,
chiamerò
la natura
che lì dimora
negli abissi.
Chiederò
i mille perché che mi attanagliano
che mi bloccano
in una dialettica
senza superamento.
Mi muovo
fra due poli,
ma non c'è
mai una giusta metretica.
Ogni opposto
mi fa dimenticare l'altro
ma poi mi
richiama alla dura realtà del duello
incapace
di mediare
di patteggiare
oscillo avanti
e indietro,
come le onde:
come loro
mi muovo
senza chiedermi
il perché.
Un giorno
lo chiederò il perché
a chi come
me non lo sa
sperando
in un dio
superiore al fato
che possa
consolarmi
e sollevarmi:
quel dio
che non vedo più
che non sento
più
che è solo
giudice cattivo
o incapace
perché debole.
Ma è difficile
riconoscere la voce che salva,
perché non
l'ascoltiamo mai,
perché il
limite ci uccide
o ci invoglia
ad un volo folle
che già prevediamo.
Perché la
vita scorre
fra due poli
sempre
ed ogni bivio
è un lacerante distacco,
ogni perdita
manca di ricompensa
ogni andare
è un ritornare.
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