"Non
muoverti...non ne sei più capace.
Non
pensare...non puoi più farlo.
Ti
sono stata addosso sin da quando sei nato, aspettando che
arrivasse quel giorno in cui il tuo piede
sarebbe
caduto in fallo.
Ed adesso che quel giorno è venuto, io, l'ombra che sempre
ti è stata minacciosa alle spalle, io, la Nera Mietitrice,
posso
finalmente
abbracciarti e stringerti a me, per sempre."
Avanzava lentamente.
Sotto il peso
dei suoi passi i gradini di legno scricchiolavano.
La scalinata
era immersa nella tenebra più profonda ed era ripida.
Avanzava a tentoni,
cercando in quel freddo gelido che lo circondava il calore
che lo potesse guidare.
E questo non
tardò ad arrivare: assieme ad una luce, si diffuse nell'angusto
ambiente.
Andava avanti,
verso la luce ed il calore. Arrivò.
La luce tenue
diventò abbagliante e si frammentò e si suddivise in altre,
numerose luci, ugualmente potenti ed intense.
Rischiaravano
una stanza alla fine della buia scalinata ed essa aveva
qualcosa di diverso da ogni altra che avesse mai visto.
Ed egli capì.
La stanza, gigantesca,
mandava i bagliori dell'oro illuminato da torce di fuoco
vivo.
Attraversò la
sala dai soffitti e dalle pareti dorate: era larga e delle
porte ai suoi lati conducevano ad altre stanze.
E le altre sale
avevano ancora numerose porte ed ognuna di queste portava
a nuove stanze.
Egli le percorreva
tutte.
Ma poi sentì
come di essersi smarrito.
L'oro si mescolava
all'oro: i contorni, prima ben delineati, ora non avevano
più senso...
Le stanze attraversate
si disgregavano e dissolvevano sotto il suo sguardo.
E, mentre assisteva
alla scomparsa delle sale, una si formava dove prima erano
queste.
In essa aleggiavano
nebbie sulfuree ed odore d'incenso: una luce bluastra, riposante,
l'attraversava e ne rivelava i soffusi
contorni.
Al centro, un
feretro, illuminato da una diversa luce argentata.
Egli si avvicinò
alla lastra: sopra v'era scritto il suo nome.
Dalla nebbia
bluastra e viscosa prese forma una figura avvolta in un
manto nero ed argentato.
L'ombra nascondeva
il suo volto.
Ed egli vide
la figura: questa muoveva la sua mano scheletrica in segno
di volerlo attirare a sé.
Un richiamo al
quale non riusciva a sottrarsi.
Come mosso da
una arcana ed estranea volontà si volse indietro, verso
il feretro.
Non distogliendo
lo sguardo dalla tetra figura, aperta la bara, vi si distese
dentro.
Ed egli aveva
il volto rigato da lacrime color argento ed oro.
E la figura,
nel chiudere il coperchio sopra di lui, deformava le proprie
labbra in un diabolico sogghigno.
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